Un aspetto, di questo governo di destra, sta emergendo con chiarezza: l’esigenza di nascondere la propria incoerenza rispetto alle posizioni del passato su tutti i temi reali che di necessità si impongono a chi è chiamato oggi a guidare un grande Paese e il tentativo di farlo agitando bandierine identitarie che nulla hanno a che fare con i problemi veri delle persone, dei lavoratori, delle famiglie italiane.
Nell’ultima settimana abbiamo avuto un sottosegretario alla Salute che sul Covid ha dichiarato che non abbiamo la prova che i vaccini abbiano salvato vite, nemmeno fossimo nel Brasile di Bolsonaro, che per fortuna i brasiliani hanno archiviato con il voto.
La verità è che si strizza l’occhio ai no-vax perché è più facile che affrontare il nodo di un tetto europeo al prezzo del gas, così come si fa demagogia sulla pelle di poveri migranti stipati su una nave per non riconoscere che si tratta di un tema epocale che non si risolverà con inutili e disumane esibizioni muscolari, ma solo con politiche comuni a livello europeo.
Il colloquio che il presidente Mattarella ha saggiamente avuto con Emmanuel Macron è servito a svelenire il clima e ad allentare la tensione, ma resta il fatto che la linea adottata dal governo Meloni è pericolosa e autolesionista. Rischia di riportarci indietro, di isolarci, di lasciarci in compagnia di Ungheria e Polonia sul piano dei diritti e fuori dai veri centri decisionali rispetto alle questioni davvero dirimenti, quando si tratterà di fare i conti con l’attuazione del PNRR o di discutere di quella riforma del Patto di Stabilità da cui tanto dipende l’andamento del nostro debito pubblico.
Ci siamo già passati, come Paese, nel 2011, quando con un altro governo, allora di centro-destra, siamo stati sull’orlo del default. È un ricordo troppo vivo, soprattutto qui in Veneto, parte fondamentale del cuore produttivo del Paese, per non temere di ricadere in una situazione analoga.
E le incoerenze non si fermano qui. Ce li ricordiamo Meloni e Salvini con le magliette “No trivelle”, paladini della difesa dell’ambiente al referendum del 2016 e oggi invece pronti a montare piattaforme ovunque. Anche qui da noi, nell’Alto Adriatico, dove la subsidenza è una questione seria e concreta che ci riguarda direttamente.
Ecco perché anche e soprattutto in questa fase, dall’opposizione, il Partito Democratico è chiamato a svolgere una funzione importante, esercitando un ruolo attivo rispetto alle questioni che interessano davvero il Paese, dal caro vita, al lavoro, ai processi di transizione ambientale e sociale, al sostegno del nostro sistema scolastico e sanitario, alla difesa dei valori della Costituzione e dei diritti civili.
Il percorso costituente che seguiremo insieme nelle prossime settimane, così come sarà fissato dall’Assemblea nazionale, dovrà servirci a fare “presto e bene” (con la seconda cosa che vale almeno quanto la prima), definendo in modo aperto e inclusivo la nostra identità, le nostre proposte, i nostri programmi. Attorno ad una leadership forte, certo, perché la politica veloce di oggi richiede anche questo. Ma al tempo stesso animando più di quanto non si sia riusciti a fare in questi anni in cui la responsabilità del governo ha finito per prevalere su tutto o quasi, l’idea di essere una comunità unita e solidale, dove lo spazio per diverse posizioni e per l’“io” legittimamente ci sarà sempre, ma mai a scapito del “noi” e dei fondamentali ideali comuni che dovranno ispirare la nostra azione.
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