top of page

Giorno della Memoria

Aggiornamento: 5 giorni fa


Sono trascorsi ottant’anni da quel 27 gennaio 1945, quando le truppe sovietiche abbatterono i cancelli del campo di sterminio di Auschwitz trovandosi di fronte all’incomprensibile, e per molto tempo all’indicibile.


Le Nazioni Unite scelsero questa data, nel 2005, come ricorrenza internazionale in ricordo delle vittime della Shoah. L’Italia lo aveva fatto cinque anni prima, istituendo per legge il “Giorno della Memoria” per ricordare lo sterminio del popolo ebraico e “le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte”.


A proporre e a volere più di tutti questa legge fu l’allora deputato dell’Ulivo, e intellettuale, giornalista, scrittore, Furio Colombo, che ci ha lasciato pochi giorni fa.


Colombo aveva pensato, inizialmente, al 16 ottobre, giorno del 1943 in cui avvenne il rastrellamento del ghetto ebraico di Roma. Fu Tullia Zevi, in quel momento presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, a suggerirgli il cambio di data, dicendogli, in modo semplice e profondo: “abbiamo sofferto, ma non da soli”. Pensando ai prigionieri di guerra, agli oppositori politici, agli omosessuali, ai rom e sinti, agli appartenenti ad altre minoranze etniche che andarono incontro alla stessa sorte. Uomini, donne, anziani, bambini, vittime di un’ideologia che aveva il preciso e pianificato intento di cancellare dalla faccia della Terra persone e gruppi ritenuti inferiori.


L’ideologia genocida dei nazisti, certo. Ma la verità storica e la memoria impongono di ribadire sempre che loro complici furono gli esponenti del regime fascista, che nel 1938 varò le vergognose leggi razziali e che anche dopo essere caduto vide i suoi seguaci, con Salò, collaborare fino all’ultimo a stragi, rappresaglie e deportazioni.


È fondamentale non cadere mai nell’oblio e nell’indistinzione, distinguendo nettamente tra il male e il bene, tra i valori di un repubblichino e quelli di un partigiano, tra fascismo e antifascismo. Antifascismo su cui si fondano la nostra Costituzione e la Repubblica.


Attendiamo, su questo, parole chiare – più di quanto non sia stato fin qui – soprattutto da parte di chi oggi, nella destra italiana, occupa posizioni istituzionali di rilievo. Sarebbe doveroso. Soprattutto in un tempo difficile come questo, in uno scenario globale carico di tensioni e segnato da guerre che moltiplicano insicurezza e incertezze sul futuro.


In particolare il conflitto in Medio Oriente – con la speranza che la recente tregua sia il primo passo del lungo cammino verso la pace e l’unica soluzione possibile dei “due popoli, due Stati” – ha prodotto un’ondata di antisemitismo grave ed estremamente preoccupante, alla cui base c’è un’equazione sbagliata. Quella per cui le criminali scelte del governo Netanyahu, che in risposta alla barbara e orrenda strage terroristica compiuta da Hamas il 7 ottobre di oltre un anno fa ha provocato una catastrofe umanitaria a Gaza, ricadono su tutto il popolo israeliano. E, passo successivo e ormai purtroppo spesso compiuto, su tutti gli ebrei, in qualunque parte del mondo.


Tutto questo rappresenta un’aberrazione, politica e culturale, inaccettabile. Un tragico errore, da cui derivano assurdità come gli insulti e i messaggi d’odio sui social di questi giorni contro Liliana Segre, già costretta a vivere sotto scorta. Lei, che oltre a tutto ciò che rappresenta come simbolo della Shoah e del valore civile della memoria, su questo tema ha parlato giustamente e apertamente di “crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi sia da Hamas e dalla Jihad, sia dall’esercito israeliano”.


E allora ecco perché abbiamo il dovere della memoria. Perché come disse proprio Liliana Segre nel suo primo discorso tenuto in Senato, ricordare le vittime della Shoah “non significa soltanto onorare un debito storico verso quei nostri concittadini di allora, ma anche aiutare gli italiani di oggi a respingere la tentazione dell’indifferenza verso le ingiustizie e le sofferenze che ci circondano. A non anestetizzare le coscienze, a essere più vigili, più avvertiti della responsabilità che ciascuno ha verso gli altri”.


È così, pensando anche al fatto che l’antisemitismo non è un problema solo per gli ebrei: riguarda tutti, ognuno di noi, perché tocca questioni fondamentali come l’utilizzo politico e ideologico delle religioni, l’identità, l’inclusione e l’esclusione, la democrazia e la possibilità di una pacifica convivenza tra i popoli e le persone.

Comments


Scrivimi:

info@andreamartella.eu

Seguimi:

  • White Facebook Icon
  • White Twitter Icon
  • White Instagram Icon

Incontriamoci:

Padova

Via Beato Pellegrino, 16

bottom of page