La protesta degli studenti universitari fuori sede, che in diverse città del Paese stanno giustamente richiamando l’attenzione sul gravoso problema del caro affitti, non può essere liquidata dalle istituzioni con un’alzata di spalle o peggio ancora con risposte irridenti, come ha fatto il Sindaco di Venezia Brugnaro, secondo il quale chi accetta di pagare 700 euro al mese per una stanza “non merita di diventare classe dirigente”.
Chi governa, chi amministra, non può fare a meno di approfondire questo tema e soprattutto ha il dovere di dare risposte concrete.
Perché chi studia ha diritto di poterlo fare nelle giuste condizioni. Senza dover fare i salti mortali e mille lavori sottopagati, al limite dello sfruttamento, per far fronte a prezzi insostenibili per un monolocale o per una singola stanza. Con il paradosso, per dirne solo una, che poi non gli si riconosce nemmeno la possibilità di votare alle politiche proprio perché fuori sede.
Fino ad oggi l’unico modo di affrontare la cosa, se così si può dire, che il Governo ha messo in atto, è stato quello di fare “catenaccio” e di gettare la palla in tribuna. Giuseppe Valditara, Ministro dell’Istruzione e del (presunto) Merito, ha persino avuto l’improntitudine di affermare che si tratta di un problema riguardante le città governate dal centrosinistra.
Una delle tante fake news alle quale ci ha abituato il centrodestra, purtroppo. La verità è che questo Governo si è ben guardato dall’affrontare il nodo del basso numero di posti letto nelle residenze universitarie e di una situazione che consente a poco meno del 10 per cento degli studenti fuorisede di usufruirne.
Con il governo Draghi, il Pd si era battuto affinché la residenzialità universitaria nel nostro Paese fosse oggetto di specifici obiettivi del PNRR, con 960 milioni di euro di investimento e l’obiettivo di creare 60 mila nuovi posti. Ora, invece, l’incertezza regna sovrana. Nulla è chiaro e certo. Mentre intanto il caro affitti rischia seriamente di innescare una spirale speculativa che andrà a danno delle famiglie più fragili economicamente e socialmente, bloccando ulteriormente l’ascensore sociale e colpendo l’universalità del diritto allo studio, di fatto riconosciuto solo a chi potrà permetterselo.
Noi condividiamo la battaglia degli studenti e non solo esprimiamo loro solidarietà: avendo complessivamente posto la “questione casa” tra quelle in cima alla nostra agenda politica, puntiamo ad ampliare la disponibilità di residenze, anche recuperando immobili dismessi del patrimonio pubblico, come le caserme dismesse o gli immobili di Ferrovie, Poste ed altri enti oggi abbandonati all’incuria.
Su tutto questo il Governo ha il dovere di non sottrarsi al confronto, perché diritto allo studio e le politiche per il welfare studentesco rappresentano una delle priorità per il futuro dell’Italia.
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